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Il Clitunno

VERSI  POLACCHI

 

DEL CONTE

LADISLAO  KULCZYCKI

 

TRADOTTI

DA

ETTORE  MARCUCCI

_______________________

 

FIRENZE
TIPOGRAFIA EDITRICE  DELL'ASSOCIAZIONE

Via Valfonda, 79

1874

(Archivio: Domenico Gasparri)

 

 

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AVVERTENZA DELL' EDITORE

 

Per capo d'anno son di moda le Strenne. Se queste brevi pagine non possono meritare un tal nome, intendo tuttavia di felicitare con esse i miei Amici d' Italia, i quali avranno forse caro di conoscere tre poesie di un mio illustre compatriotta, voltate in italiano da un loro non meno illustre concittadino. A qualcuno le due prime non giungeranno nuove, dappoiché una apparve nella Rivista Europea, e l'altra in pochissimi esemplari per festeggiare il quarto centenario di Copernico; ma la terza è novissima, e debbo all'amicizia dell' autore insieme e del traduttore il gentil privilegio di pubblicarla: il cui subbietto, benché di truce memoria, ha pure dell' attrattivo per essersi oggi reso più familiare col dramma, sì festeggiato, del Cossa, e con la statua, sì controversa, del Gallori, a documento de' popoli e maledizione d' ogni tirannide. Queste poesie del Conte Kulczycki, così riunite, mi parvero sufficienti a qualificarlo per uno di quei generosi, che lungi dalla Patria tengono alto il nome della sapienza polacca. Dimorante da oltre veti anni in Italia, egli ne ha mostrato sempre il suo grand'amore con gli scritti, senza però mai dimenticare d'esser figlio zelantissimo della Polonia, traendo a bello studio materia dall' argomento, come si vede in questi
 

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 versi, di parlar della Patria, esecrarne gli oppressori, e carezzare la speranza di prossima risurrezione. Egli è autore altresì di diversi poemi di maggior mole: Claudia Homonea, Isella, Issione, e tradusse pure alcuni canti di Dante e molti Sonetti del Prati.

Del traduttore italiano sarebbe superflua qualunque mia parola, essendo ben conosciuto come filologo e poeta, specialmente per la versione delle Poesie d'un altro mio esimio connazionale, Teofilo Lenartowicz, stampata in un elegante volume co' tipi del Barbèra nel 1871; alla quale fecero unanime plauso i primi letterati e i più autorevoli giornali d'Italia, come ad una delle migliori traduzioni della moderna letteratura; oltre quanto ne scrissero i periodici di Polonia, che del Marcucci pubblicarono ancora biografie e ritratti. Lieto adunque di potere con quest'opuscolo prestare un qualche buon servigio alle due letterature italiana e polacca, resto desideroso che gli amici miei abbiano in grado il tenue dono e l'augurio sincero d'una compiuta felicità. Firenze, Dicembre 1874. Dottore Arturo Wolynski. 

 

 

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UNA PASSEGGIATA

ALLE SORGENTI DEL CLITUNNO (1)

 

ELEGIA ANTICA

alla poetessa italiana

ALINDA BONACCI-BRUNAMONTI

 

 

 

 

 

 

Di qua, Clitunno, i tuoi candidi greggi

E il tauro, la maggior vittima, sparsi

Del sacro fiume tuo spesso guidaro

AI tempio degli Dei pompa romana.

Virgilio, Geor. lib. II v. 146-48,

Traduz. di Dionigi Strocchi.

 

 

  Clitunno, o tu che con le tacit' onde
Per molli erbosi strati errando vai,
Entro il confin dell'odorate sponde
Viaggi sempre e non t' arresti mai.

A chi va sol, mesto il cammin riesce ...
Ma stringi amica un' isoletta al seno,
Che degli amplessi tuoi s' allieta, e mesce
 Sua cara immago nel tuo bel sereno ;
 

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E assorta nel pensier de' suoi contenti, 
D' amore in un deliquio, effonder pare
La sua chioma di salici piangenti,
E co' baci lambir 1' acque tue chiare.
Tu con I' immagin sua l'etereo lume
Bevendo come nèttare, chiedesti
A Grecia un tempio, onde con te, già nume,
La tua diletta avesse onor celesti.
Pronto al desir, nel margin tuo si stese 
D' attici colonnati ordin leggiero: 
Sulla neve de' marmi il Sol s' accese; 
D' Ellade apparse 1'immortal pensiero.
Music' auretta, che le corde sfiora
De' salci, aleggia sul bel fronte adorno,
misto a lei tepido fiato odora,
Come l' ambrosia antica, all' atrio intorno.
Forse un olezzo egli è dell'immortale 
Fiore di non fumanti are, cui scòlto
Delle Grazie ha la man, che a scolpir vale
Il sorriso alla vergine sul volto?
Forse le rose al sacrifizio usate
Cingono al tempio un serto senza spine,
A dinotar che nell'eterna estate
Rifiorir ponno degli Dei sul crine?
O qui con indistinto alito blando
L' ombra de' morti Aprili errò di fresco,
L' idillio di Teocrito spirando
Dalla muffa degli anni ancor si fresco?
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O effluvio è d'esso ciel che mane e sera 
Fiorisce al par dell' italo terreno, 
Con glauca tinta morbida leggiera
Qual è dell'iri a spruzzi d' oro il seno?
Al venticel che in voci ausonie canta 
Greche armonie, ne fo richiesta invano, 
Quand'ei passa gentil tra pianta e pianta 
Come 1'arpeggio d' invisibil mano.
Aspetto invan che in bianco vestimento 
Indi n' esca una vergine sacrata,
E sotto gli echeggianti archi il piè lento 
Muova, di mirto il sacro capo ombrata;
E che 1' occhio suo cavo, dalla nebbia 
Di visïoni estatiche involuto,
Rapir me a forza e inizïarmi debbia 
Nel rito arcano, sotto 1'edra or muto;

Che il bosco de' cipressi al suon risponda 
Della fatidic'arpa, e il bel si vesta
Del verbo, e il verbo in canto si trasfonda 
Temprato al tremolar della foresta ...
Oimè silenzio sul deserto or posa; 
Tacque la sacra vergine, e giù cade 
ai cieli che la piangono, amorosa 
La lacrima a brillar sulle rugiade ...
Fredda è la nicchia cupa, ove sedea
Il nume, innanzi a cui, fra un bianco velo 
D'incensi, ella si stava e le arridea 
Col suo raggio primier 1' alba dal cielo.
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Del cieco fato preda, i suoi pudici 
Be' sembianti perîr nella tranquilla 
Onda con lo spendor de' sacrifici, 
Riverberato nella sua pupilla.
Dell' ombre il regno alfin tutto ha conquiso: 
A verginelle e a rose il minio e' sugge; 
De' rai la fiamma e delle amanze il riso, 
Cangiate in mesti Lèmuri, distrugge.
Tutto piombò nel vortice degli anni 
Sovresso 1'argentine acque de' fonti, 
De le farfalle sugli aerei vanni, 
Su i pallidi coralli de' tramonti ...
Sol disgiunti fin qui dal fiumicello, 
Di sorrisi tra lor si fan ricambi 
L' isola verde e il candido sacello,
Dell' onda azzurra innamorati entrambi ...
                      ___________________
E tu caduto sul guancial de' colli
' Ve stendi, o iddio, tue membra in vaghi giri, 
E par che il sol dal colmo seno molli
In suon di poesia metta sospiri;
Quando nell' ora italica notturna
Di fior tra un nembo il verde erba tu squassi, 
E liquido cristal versi dall' urna 
Romoreggiando per muscosi sassi;
Dal fondo di quel vase, che adornato 
Hai tu, Clitunno, de' smeraldi tuoi, 
Ecco a schierarsi vien tutto il passato 
Con visibili forme innanzi a noi.
 
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Il presente, si povero, 1'ampiezza
D' antica toga al suo contatto acquista,
E d'altre etadi 1'immortal bellezza 
Si fa lucido speglio alla mia vista.
Di tramontati Sol gli elisii campi 
Placidamente vi segnàr la traccia: 
D' ugual luce talor fan d' Elio i lampi 
Candideggiar del Partenon la faccia.
In questa luce che gli spirti eccede, 
Qual rilievo ogni prisca ovra si mira; 
De' vati al fronte, a cui 1'allòr tien fede, 
La farfalla di Psiche il bello spira;
Del gran Plato si celebra il banchetto 
Sotto ciel greco, in ombreggiata chiostra,
E a' pensosi uditor quel santo petto 
L' etereo Poco dell' amor dimostra;
La biga trïonfal de' sculti eroi
Sparge la polve de' caduti imperi,
E del Clitunno trascinano i buoi 
Le opime spoglie de' Romani alteri.
L'ultime della Storia orme già presso
Al tempio son ... Ferve confuso il moto,
E già '1 postero Sol mette sovr' esso 
L' aureo sigillo che lo rende immoto ...
E m' invia quel sarcofago spirante
Si piene aure di vita e di conforto,
Che di be' fior parmi un giardin fragrante 
Dal cenere spuntar di popol morto.
 
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Dell' alma Ellenia e dall'onnipossente 
Roma già gli atti appaionmi veraci,
di Maron nel numero eloquente 
Odo sonarmi di due mondi i baci ....
                      ___________________
Nella tacita landa or non gl'intendi
E nell'erbe agitate, o rediviva 
Sacerdotessa, che si ben comprendi 
L'aura del canto che da lor deriva?
O forse aspetti un Èdipo novello
Che il vel ti squarci di cotesti lochi,
E della tua gran Madre in su l'avello, 
Florido ancor, la grande Ombra n'evochi ?
Che l'egra di Giovanni arpa si desti, (2)
Anzi al nemico in Ciarnolesie tolta,
E le segrete cose manifesti
Della terra ove l'edera s'affolta?
Non Giovanni o il fratel son io, che lega (3)
Nostre Patrie col canto, e a la polona
Betulia e al lauro di Torquato prega
– V'amate ognor – come il suo nome suona.
Non ho, lasso!  il poter che salva renda 
Un' Euridice da cammin selvaggio, 
Né la scintilla prometèa che accenda 
Mondi infiniti nel balen d'un raggio...
Di mia gran Patria io son postumo figlio 
Con la cetra che voce ha di lamento; 
Un esule ramingo, ognor col ciglio 
Verso la sua Gerusalemme intento....
 
<11> Stranier m'è il riso ch'orna Italia, quale
D' Eden perduti... Dopo avermi scossa
La polve a' piè, da Roma inospitale
Io degli estinti miei ne porto l'ossa!

Regïoni incantevoli dai pianti
Mi si annebbiaro del materno strazio;
In vaso lagrimai potrian miei canti
L'anfora stessa trasformar d'Orazio...

Sol ti poss' io le funebri melodi
Ridir che i canti vestono d' Ucrania,
O la canzon del Vaidelota, ov'odi
(4)
Le selve mormorar di Lituänia....
                      ___________________

Mentr' io parlava, fissi avei tu i neri
Occhi al ciel, d'una musa a simiglianza
Nel bronzo sculta, in cima a' cui pensieri
La mia Polonia o il tuo Clitunno ha stanza.

Ed ei specchiando in sè l'amena riva
E una Donna gentil, quasi ad esempio
D'itala rima, i tuoi begli occhi avviva
Con la grazia dell'isola e del tempio.

Vuoto un burchiel quivi galleggia accanto;
Piange ogni salcio e a Naiade rassembra;
Purpureo drappo il Sol dietro a quel pianto
Stende sull'ora che l'addio rimembra! ...

Eremo di Santa Maria delle Grazie
Ottobre 1868

 

 

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NOTE

 

1)

 Il Clitunno, fiume dell'Umbria, fra Spoleti e Foligno, celebrato dai poeti romani, e a' nostri giorni dal Byron, era una volta assai fondo e navigabile, ma dopo l'anno 468 dell'Era Cristiana, per cagion di tremuoto, divenne un fiumiciattolo, col solo distintivo delle sue chiare e limpide acque. In antico era esso una divinità adorata nel tempio che tuttora vedesi presso la sorgente sotto il castello di Pissignano: il qual tempio, piccolo di mole, ma veramente grazioso e ben conservato, da riguardarsi come un gioiello dell'arte, (pur tuttavia poco noto ai viaggiatori, e raramente visitato) appartiene ora a un prelato romano, Mons. Luigi de'Conti Pila-Carocci. La descrizione di questo tempio e del paese intorno, lasciataci da Plinio Nipote, colpisce per la sua fotografica precisione. Lord Giovanni Orrery, del passato secolo, nelle sue Osservazioni alle lettere Pliniane, trova tanta rassomiglianza nel vero e nel favoloso della storia del Clitunno, che gli ricorda la fonte di S. Vinifredo nel ducato di Galles per la medesima rapidezza delle acque; tanto che la sacra fontana della Contea di Flint fa andare tre mulini dentro un ottavo di miglio dalla sua scaturigine, e quella dell' Umbria, a detta di Plinio, fons adhuc et jam ampissimum flumen. Le parole patescit purus et vitreus  sono appropriatissime ad ambedue le correnti, come l'antico venerabil tempio di Clitunno può far buon riscontro alla vaga cappella gotica di S. Vinifredo. Anche Plinio il vecchio parla del Clitunno nella sua storia naturale, ed aggiunge che gli ani-mali bevendo delle sue acque dopo aver generato, fanno i figliuoli bianchi: il che pure altri scrittori affermano d'altri fiumi, come del Mela in Grecia e del Csanto presso Troia, così chiamati dal gr. Μέλας, nero, ξανός  biondo, perché abbeverandosene le pecore, il primo le diventava nere, l'altro bionde.
 

2)

 Giovanni Kochanowski, il più gran poeta polacco del cinquecento, viaggió l'Italia, visse e mori nella sua terra di Ciarnolesie.
 
3)  Pietro Kochanowski, fratello di Giovanni, amico del Tasso e traduttor sommo della Gerusalemme Liberata. Il nome di Kochanowski proviene dal verbo kochac, amare.
 
4)  Wajdelota, Bardo lituano

 

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Aggiornamento: 08 marzo 2009.