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Il Clitunno nei testi dei classici
 

(Pagina in elaborazione)

Publio Virgilio Marone, Georgiche, Libro II, vv. 136 - 176
Sed neque Medorum silvae, ditissima terra,
nec pulcher Ganges atque auro turbidus Hermus
laudibus Italiae certent, non Bactra neque Indi
totaque turiferis Panchaia pinguis harenis.

 

Ma né le foreste dei Medi, terra ricchissima,
né il bel Gange e l'Ermo intriso d'oro
potrebbero gareggiare con i pregi dell'Italia;, né Bactra né l'India né tutte le fertilissime terre della turifera Pancaia

Haec loca non tauri spirantes naribus ignem
invertere satis immanis dentibus hydri,
nec galeis densisque virum seges horruit hastis;
sed gravidae fruges et Bacchi Massicus umor
implevere; tenent oleae armentaque laeta.

 

Queste nostre terre, non sono state arate da tori spiranti fuoco dalle narici, né rivoltate dai denti di un drago immane, né una schiera di uomini si  irta di elmi e di fitte aste; ma le hanno ricoperte messi fruttuose e il vino  di Bacco, il "Massico" e le occupano uliveti e lieti armenti.

hinc bellator equus campo sese arduus infert,
hinc albi, Clitumne, greges et maxima taurus
victima, saepe tuo perfusi flumine sacro,
Romanos ad templa deum duxere triumphos.

 

Da qui il cavallo da guerra va in campo spavaldo a testa alta, da qui, o Clitunno, le bianche greggi e il toro, vittima massima, bagnati spesso nelle tue sacre acque, hanno condotto i trionfi romani fino ai templi degli dei.

hic ver adsiduum atque alienis mensibus aestas:
bis gravidae pecudes, bis pomis utilis arbos.
At rabidae tigres absunt et saeva leonum
semina, nec miseros fallunt aconita legentis,
 

Qui c'è una persistente primavera, e per alcuni mesi, l'estate; le femmine delle mandrie due volte restano pregne e due volte gli alberi danno utili frutti.
Non vi sono tigri feroci né razze di orrendi leoni feroci, né  piante velenose ingannano i miseri raccoglitori,

 

nec rapit immensos orbis per humum neque tanto
squameus in spiram tractu se colligit anguis.
adde tot egregias urbes operumque laborem,
tot congesta manu praeruptis oppida saxis
fluminaque antiquos subterlabentia muros.

 

 né lo squamoso serpente trascina le sue immense volute attraverso la terra né si stringe in una spira di notevole ampiezza. Aggiungi tutte le belle città e la laboriosità delle costruzioni, tutte città edificate dalla mano dell'uomo con pietre squadrate su scoscesi dirupi e fiumi che lambiscono le mura antiche.

An mare quod supra memorem, quodque adluit infra?
anne lacus tantos? te, Lari maxime, teque,
fluctibus et fremitu adsurgens Benace marino?
 

Dovrei forse ricordare il mare che le bagna intorno e i tanti laghi? E te vastissimo Lario, e te, Benaco, che ti sollevi con onde e il rombo del mare?

an memorem portus Lucrinoque addita claustra
atque indignatum magnis stridoribus aequor,
Iulia qua ponto longe sonat unda refuso
Tyrrhenusque fretis immittitur aestus Avernis?

 

E dovrei ricordare sia gli argini elevati intorno al lago Lucrino, o il mare spumeggiante dai forti fragori, o Iiulia  che da lontano si ode per l'echeggiare del mare o i marosi del Tirreno che immettono negli antri dell'Averno?

haec eadem argenti rivos aerisque metalla
ostendit venis atque auro plurima fluxit.
haec genus acre virum, Marsos pubemque Sabellam
assuetumque malo Ligurem Volscosque verutos

 

Questa stessa terra mostra miniere di argento e di rame abbondantissima ha stillato oro dalle vene. Questa ha generato robuste stirpi di forti uomini: i Marsi e i giovani Sabelli e i sani Liguri  e i Volsci, grandi arcieri

 

extulit, haec Decios Marios magnosque Camillos,
Scipiadas duros bello et te, maxime Caesar,
qui nunc extremis Asiae iam victor in oris
imbellem avertis Romanis arcibus Indum.

 

questa generò anche i Deci, i Mari e i grandi Camilli e i restanti Scipioni durante la guerra, e te o grandissimo, già vincitore in Oriente, tieni lontano l'imbelle Indo dalle rocche romane

Salve, magna parens frugum, Saturnia tellus,
magna virum: tibi res antiquae laudis et artis
ingredior sanctos ausus recludere fontis,
Ascraeumque cano Romana per oppida carmen

Salve o terra di Saturno, grande madre di messi e di eroi: per te mi accingo a rivelare i segreti della tua antica arte gloriosa, osando schiudere le sacre sorgenti (della poesia Georgica), e per le rocche romane canto un carme ascreo

 

 

 

 

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Aggiornamento: 28 giugno 2009.
 
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